Con il dott. Gianni Cimador (Università di Trieste)
A cura del prof. Elvio Guagnini
Martedì 9 marzo 2010 – ore 17.00
Sala Conferenze della Biblioteca Statale, Largo Papa Giovanni XXIII n. 6 (2° p.)
Giovani studiosi a cospetto dei grandi autori, per una rilettura su prospettive innovative: con questo intendimento il Circolo della Cultura e delle Arti, a cura del prof. Elvio Guagnini, indice un primo incontro dal titolo “Italo Calvino, scrittore multimediale”, che si terrà martedì 9 marzo alle ore 17, presso la Sala Conferenze della Biblioteca Statale di Trieste, Largo Papa Giovanni XXIII n. 6 (2° piano). Ne sarà relatore il dott. Gianni Cimador (Dottorato d’Italianistica dell’Università di Trieste), per evidenziare nel lungo percorso tra l’educazione estetica e la maturità di uno dei massimi esponenti della cultura letteraria italiana quali siano stati gli influssi e quale ruolo abbia avuto la sua formazione visiva fino all’elaborazione di un carattere a tutti gli effetti “multimediale” nella produzione letteraria. L’inclinazione della scrittura di Calvino a farsi all’inizio puro “sguardo” è stata di certo influenzata dalla sua avventura di spettatore cinematografico, fino a produrre una tecnica di racconto per immagini, tanto da farne “il primo nostro autore per il quale abbia senso parlare di suggestioni grafico-pittoriche” (Raimondo Cardona). La letteratura, perciò, diventa per Calvino un modo per “stare in mezzo ai linguaggi diversi” per tener viva la comunicazione tra di loro. Ne consegue subito dopo un’apertura alle nuove prospettive delle scienze umane, adottando tutti i linguaggi possibili e con l’avvento dei “media” frantumando le delimitazioni dei diversi ambiti culturali, in un effetto di “risonanza” tra un “medium” su un altro. Non fa infine meraviglia come Calvino sia riuscito ad utilizzare in anteprima pure la “grande rete” dove le nuove tecnologie hanno liberato in lui nuove energie, nuovi modi di pensare con vere “esplosioni di sapere” in tutti i campi. Per lo scrittore i sistemi della letteratura e dell’informatica si somigliano e quindi non si verificherà la morte della prima, ma ci sarà una reciproca integrazione, dove il romanzo enciclopedico di Calvino avrà lo stesso aspetto di un testo potenzialmente infinito e sviluppato in tutte le direzioni.
Ufficio stampa: Fabio Venturin
ITALO CALVINO SCRITTORE MULTIMEDIALE
di GIANNI CIMADOR (Dottorato Italianistica – Università di Trieste)
La prima educazione estetica di Calvino avviene sulle pagine del “Corriere dei Piccoli”, sulle loro immagini senza parole: i fumetti hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione visiva di Calvino e nell’elaborazione del carattere multimediale della sua produzione letteraria. Dalle prime opere fino a Palomar il fumetto ricorre come un modello di lettura: per Celati “la vignetta è alla base di tutta l’arte narrativa di Calvino”. Come emerge dall’Autobiografia di uno spettatore, la stessa fascinazione dell’immagine caratterizza la “preistoria” cinematografica di Calvino. Nel periodo tra il 1936 e il 1940, il cinema sembra costituire la principale passione dello scrittore, sostituendosi così al fumetto: è quello che Tom Gunning e altri hanno definito “il cinema delle attrazioni”, ovvero una forma di spettacolo che comunica essenzialmente per immagini, attraverso presenze e rapporti di presenza. L’inclinazione della scrittura di Calvino a farsi puro “sguardo” è stata certamente influenzata dalla sua “avventura” di spettatore, e dal “silenzio” del cinema muto delle origini, ma anche dall’uso della parola, ipertrofico e artificioso, tipico dell’ Italia fascista: la tecnica del racconto per immagini di Calvino è basata sulla manipolazione della distanza, motivo che non solo tende a replicare l’ “emozione della meraviglia” delle esperienze cinematografiche della giovinezza ma trasforma anche il testo in una “macchina” per far vedere, sviluppando ed esaltando la tecnica narrativa classica del punto di vista in senso cinematico. Per Giorgio Raimondo Cardona Calvino “è forse il primo nostro autore per il quale abbia senso parlare di suggestioni grafico-pittoriche quasi a pari titolo con quelle letterarie”. Già a partire dagli anni Cinquanta, è continuo ed esplicito anche il confronto con i pittori: Calvino individua nella pittura il vertice della felicità creativa e mentale, anzitutto per il suo rapporto tattile, artigianale, con gli oggetti, per il suo contatto diretto, di “azione” e trasformazione, con la materia, che sembra invece precluso allo scrittore, inchiodato a un universo limitato, e limitante, di fogli e inchiostro. Nello stesso tempo, si afferma l’idea del disegno come scrittura del mondo: il “disegno del racconto” è una “categoria” in cui Calvino crede almeno dal 1958, come dichiara in una lettera a Elémire Zolla, ed è anche l’elemento che più lo avvince nella struttura delle fiabe, nucleo fondamentale di tutte le sue narrazioni. Il disegno incorpora la visione nell’oggetto diventato figura, dà l’impressione di un “contatto” con la realtà svincolato dalla parzialità di ogni residuo soggettivo, ne libera la “sostanza segreta”, diventando l’aspetto predominante e primario che subordina a sé tutti gli altri e li utilizza in una funzione che potremmo chiamare emozionale –espressiva. E’ un cambiamento di prospettiva che implica una “nuova antropologia per cui ogni attività e produzione dell’uomo vale in quanto comunicazione visiva nei suoi aspetti linguistici ed estetici”. Ogni attività umana è figurazione, “creazione visuale” che disegna la superficie, la forma visibile del mondo: il disegno è la forma sensibile del pensiero, il suo risvolto tangibile. La letteratura per Calvino ha il compito di “stare in mezzo ai linguaggi diversi” per “tener viva la comunicazione tra essi”: la grande sfida è infatti il “saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo”. Questo significa aprirsi alle nuove prospettive delle scienze umane, adottare tutti i linguaggi possibili, tutti i possibili metodi di interpretazione: la realtà fisica, biologica, umana e tecnologica si stringono attraverso il modello del linguaggio, scienza e letteratura convivono in un universo in cui avvengono scambi comunicativi, trasporti di forme e di informazioni, i vari “testi” si influenzano a vicenda. Nell’universo delle comunicazioni di massa la “pluralità dei linguaggi” crea una “intertestualità allargata”: ai media tradizionali si aggiungono i nuovi, i segni rimandano ad altri segni, si verifica una proliferazione dei “luoghi testuali” e delle loro interferenze, con la conseguenza di un’erosione degli argini e dei tratti distintivi, di un aumento delle “aporie spaziali”. Con l’avvento dei media la cultura si fa intermedia, si frantumano le delimitazioni dei diversi ambiti culturali, i confini tra cultura “alta” e cultura “bassa”: l’intertestualità è un tratto caratterizzante dell’orizzonte postmoderno, e riguarda anche il rapporto di Calvino con le arti visive. Analizzando in particolare le influenze del cinema in Palomar, Antonio Costa descrive il fenomeno che Genette ha definito “effetto rebound”: è l’effetto “di risonanza” di un medium su un altro, di permeabilità delle loro strutture e “scritture”. Uno stesso immaginario visivo diventa comune a pittori, cineasti, romanzieri: si attivano così continue e transitive “dinamiche di scambio”. L’ “effetto rebound” non funziona solo nell’ambito della scrittura, ma anche in quello della ricezione: gli “effetti di risonanza” attivati da modelli figurativi appresi e interiorizzati attraverso i nuovi media agiscono non solo sullo scrittore durante la scrittura, ma anche sul lettore durante la lettura: si potrebbe parlare di una letterarietà a più dimensioni, di un continuo flusso migratorio di medium da un testo all’altro, di una “multidirezionalità” del linguaggio”. Con l’introduzione delle tecnologie multimediali si è verificata una sorta di ricapitolazione filogenetica nella quale si ritrovano integrate modalità di espressione orale, gestuale, iconica, scritta: i vari sistemi di rappresentazione vengono attivati contemporaneamente e tendono a una sintesi sinestetica, stimolando processi di elaborazione “in parallelo” delle informazioni e il ricorso a forme seriali di organizzazione dei materiali. Il testo si presenta come un “archivio intertestuale” nel quale possono circolare ed espandersi osmoticamente un’infinità di informazioni e saperi facilmente accessibili: sembra realizzarsi l’idea calviniana di una “enciclopedia aperta” capace di esprimere l’ “antica ambizione di rappresentare la molteplicità delle relazioni, in atto e potenziali”. Le Lezioni americane recuperano puntualmente le qualità del computer, del software (leggerezza, velocità, precisione, rapidità, esattezza, consistency): «Calvino adotta sempre le prerogative di ciò che è moderno, per rigiocarle sul suo tappeto». La “grande rete” cui pensa lo scrittore richiama inevitabilmente la comunicazione in rete digitale di Internet, le idee di matrice e cyberspazio, la creazione di sistemi informatici basati su una struttura di relazione dei dati di tipo “reticolare”, come nel caso degli ipertesti digitali. Le nuove tecnologie liberano nuove energie, nuovi modi di pensare e stati di coscienza, riorganizzano le capacità sensoriali degli individui: sono “esplosioni di sapere” che intensificano l’attività noetica in tutti i campi e coinvolgono profondamente l’inconscio. I nuovi mezzi di comunicazione elettronici non distruggono ma trasformano e potenziano gli altri vecchi media, li abilitano a produrre cose che non avevano mai prodotto prima, libri diversi, che non sono più “libri” nel vecchio senso del termine: lungi dall’annientare il testo, la virtualizzazione sembra farlo coincidere con la sua essenza improvvisamente svelata. Soprattutto ne Le città invisibili, Calvino sembra aver presupposto una simile modalità interattiva: «Il mio libro in cui credo d’aver detto più cose resta Le città invisibili, perché ho potuto concentrare su un unico simbolo tutte le mie riflessioni, le mie esperienze, le mie congetture; e perché ho costruito una struttura sfaccettata in cui ogni breve testo sta vicino agli altri in una successione che non implica una consequenzialità o una gerarchia ma una rete entro la quale si possono tracciare molteplici percorsi e ricavare conclusioni plurime e ramificate». Si impone un nuovo paradigma epistemico, multidisciplinare e multimediale, che è in grado di tradurre la “nuova esperienza” dell’uomo nel mondo tecnologico e che apre nuove prospettive conoscitive riducendo la distanza dalla scienza. Nel mondo digitale sono quasi annullate le distanze e, di conseguenza, i tempi necessari per percorrerle: a differenza della navigazione reale, quella elettronica è caratterizzata dalla istantaneità, dallo spostamento pressoché subitaneo tra una tappa e l’altra, più che dal tragitto per raggiungerla, realizzando quell’ “alleggerimento del linguaggio per cui i significati vengono convogliati su un tessuto verbale come senza peso, fino ad assumere la stessa rarefatta consistenza”, cui accenna Calvino in Leggerezza. La riconfigurazione complessiva dell’oggetto culturale propria dell’ “era elettronica” trova il suo contesto ideale nel World Wide Web: simile a un “graffito globale”, una specie di patchwork o puzzle o cartoon multiculturale e babelico, è l’autentico luogo dello scambio, della pluriappartenenza e della nuova stratificazione e definizione del “letterario”. Non si tratta solo di una nuova infrastruttura del sapere, in cui vengono a confluire (virtualmente) tutti i media tradizionali, ma entro i suoi confini semovibili e permeabili vengono a ridefinirsi i rapporti tra parola e immagine, le due modalità fondamentali della produzione e diffusione di “forme simboliche”. Anche se Calvino non ha conosciuto direttamente Internet, egli ha tuttavia immaginato la “rete” come una valorizzazione delle potenzialità implicite nella letteratura, e quindi lo scenario ideale per la letteratura del futuro: i valori delle Lezioni americane sono esattamente le parole-chiave con le quali potremmo descrivere le caratteristiche del Web. Per lo scrittore i “sistemi” della letteratura e dell’informatica si somigliano, e quindi non si verificherà la “morte” della prima in una tecnosfera totalizzante dominata dalla seconda, ma ci sarà una reciproca integrazione: con Internet sembra anzi realizzarsi il sogno calviniano di poter raggiungere in un istante tutto il patrimonio dei libri, insieme a tutti gli altri “patrimoni” artistici e culturali nei quali essi si sono formati. Il romanzo enciclopedico cui mira Calvino, ha lo stesso aspetto di un testo potenzialmente infinito, di una rete che si sviluppa in tutte le direzioni.
Trieste, 9 marzo 2010